La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi presentati dalle Regioni Veneto e Liguria in relazione alle disposizioni del decreto legge n. 78/2015 che impone l’adozione di requisiti minimi per la prescrizione delle prestazioni mediche.
Corte costituzionale - sent. 169/2017: appropriatezza prescrittiva e tagli alla spesa sanitaria
21 marzo 2017
Nello specifico, l’atto impugnato prevedeva l’adozione di un decreto ministeriale contenente le condizioni di erogabilità delle prestazioni mediche. La Corte ha stabilito che i ricorsi sono basati su una errata interpretazione delle disposizioni in questione.
Di seguito proponiamo una sintesi delle motivazioni della sentenza, il cui testo completo è disponibile a questo link e nel box download.
Il contesto
La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto legge n. 78/2015 recante “Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali” convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2015 .
Il caso all’esame della Corte
La questione di legittimità è sorta a seguito dell’impugnazione da parte della Regione Veneto di alcune disposizioni del decreto legge in materia di tagli sulla spesa sanitaria. La Regione Veneto sostiene che tali tagli siano stati imposti senza considerare alcuni elementi, ad esempio i livelli di spesa delle Regioni che hanno raggiunto elevati livelli di efficienza nella gestione della sanità. Il Veneto sottolinea che le suddette disposizioni manterrebbero a carico delle regioni l’obbligo di garantire il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), nonostante non vi fosse ancora stata, all’epoca del ricorso, la revisione di questi ultimi. La conseguenza, secondo la Regione, sarebbe la violazione dell’art. 117, comma secondo, della Costituzione e dell’art. 32 Cost. per irragionevolezza e difetto di proporzionalità.
Inoltre, la Regione Veneto lamenta che il decreto impone l’individuazione di condizioni di erogabilità e di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, stabilendo in seguito che le prestazioni erogate al di fuori di tali condizioni sono a totale carico dell’assistito. Secondo il Veneto questa disposizione, nell’intento di risolvere il problema dei costi generati dalla cd. medicina difensiva, determina una lesione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. La volontà di predisporre dei criteri per definire ciò che è appropriato o meno sarebbe indice di una pretesa del legislatore di sostituirsi alla valutazione del caso concreto da parte del medico. Tali disposizioni violerebbero il principio di proporzionalità e di buon andamento di cui agli artt. 3, 32 e 97 Cost.
L’altra ricorrente, la Regione Liguria, sostiene che i tagli alla spesa sanitaria disposti dal decreto legge violino il principio di ragionevolezza e di leale collaborazione, evidenziando un totale disinteresse del legislatore in relazione alla tematica dei livelli essenziali di assistenza. Inoltre, la Liguria lamenta che il taglio lineare non rispetti il criterio fondamentale per la razionalizzazione e il contenimento della spesa sanitaria.
Secondo l’Avvocatura dello Stato, invece, le norme impugnate si limitano a fissare criteri e modalità non strettamente vincolanti per il medico. Quest’ultimo, infatti, potrebbe adottare un comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni indicate nel decreto ministeriale a patto che vi siano sufficienti ragioni che giustifichino tale comportamento difforme. La normativa in questione, secondo la difesa erariale, non sarebbe altro che l’attuazione di un principio fondamentale funzionale a contenere la spesa sanitaria anche sotto il profilo di eventuali prestazioni mediche non necessarie.
Si osserva ulteriormente che la richiesta di riduzione di spesa nulla avrebbe a che vedere col concetto di tagli lineari. Secondariamente si evidenzia che l’ente dovrebbe ridefinire i tetti di spesa annui, ma si tratterebbe di una riduzione complessiva della spesa pari all’uno per cento dell’anno precedente.
La decisione della Corte
La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto, ha dichiarato non fondate le questioni di illegittimità sollevate dalla Regione Veneto e dalla Regione Liguria. La Corte afferma che le disposizioni impugnate sono state erroneamente interpretate come il conferimento al decreto ministeriale di un potere impositivo nei confronti dei medici finalizzato all’adozione di modelli di cura standardizzati, i quali sarebbero lesivi del diritto alla salute e dell’esercizio della professione medica.
La Corte prosegue affermando che “l’indicazione di condizioni di erogabilità e di appropriatezza delle prestazioni non vieta certamente al medico di effettuare le prescrizioni ritenute necessarie nel caso concreto, per cui esse non pregiudicano la prerogativa del medico di operare secondo “scienza e coscienza”. Le disposizioni del decreto rispondono ad una finalità di razionalizzazione del SSN, con l’intento di indirizzare il governo della spesa sanitaria e farmaceutica in un contesto di compatibilità economico-finanziaria” (par. 8 del considerato in diritto).
Il carattere personalistico delle cure sanitarie è stato più volte affermato nelle pronunce della Corte, per cui non può essere preclusa al medico la valutazione del singolo caso concreto, individuando di volta in volta la terapia più idonea ad assicurare la tutela della salute del paziente (Corte cost., sent. 151/2009): “In tale accezione ermeneutica devono essere intese anche le disposizioni in tema di controlli di conformità alle indicazioni del decreto ministeriale: esse non pregiudicano il libero esercizio della professione medica, ma costituiscono un invito a motivare scostamenti rilevanti da quanto indicato”.
Così come emerge da un costante orientamento della Corte, scelte legislative dirette a limitare o vietare il ricorso a determinate terapie non sono ammissibili qualora nascano da valutazioni di discrezionalità politica e non tengano conto dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite (sent. 282/2002).
Alla luce di tali considerazioni, secondo la Corte, deve essere esclusa qualsiasi lesione dell’autonomia regionale in relazione all’organizzazione del servizio sanitario e del suo buon andamento poiché le norme impugnate, in base all’interpretazione fornita dalla Corte, sono volte alla cura del buon andamento della sanità complessivamente inteso.