Nella domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, la Corte di Giustizia ha deciso che la messa in coltura di OGM non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione, quando il loro impiego e commercializzazione sono autorizzati dal Regolamento (CE) n. 1829/2003.
Corte di Giustizia UE – Pioneer Hi Bred Italia Srl v. Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali: OGM
6 settembre 2012
Pubblichiamo qui di seguito alcuni passi della sentenza.
Collegamento al testo completo e alle conclusioni dell'Avvocato generale.
Risulta, quindi, che il regolamento n. 1829/2003 e la direttiva 2002/53 mirano entrambi a consentire il libero impiego e la libera commercializzazione degli OGM sull’intero territorio dell’Unione, in quanto autorizzati conformemente al primo e iscritti nel catalogo comune in applicazione della seconda.
Risulta peraltro, alla luce dei considerando 9, 33 e 34 del regolamento n. 1829/2003 nonché degli articoli 4, paragrafi 4 e 5, e 7, paragrafo 4, della direttiva 2002/53, che le condizioni imposte da questi due atti normativi, rispettivamente, per un’autorizzazione o un’iscrizione nel catalogo comune rispondono alle necessità di tutela della salute e dell’ambiente.
Emerge da tali constatazioni che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, uno Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di OGM autorizzati in virtù del regolamento n. 1829/2003 ed iscritti nel catalogo comune in applicazione della direttiva 2002/53.
Al contrario, un divieto o una limitazione della coltivazione di tali prodotti possono essere decisi da uno Stato membro nei casi espressamente previsti dal diritto dell’Unione.
Fra tali eccezioni figurano, da un lato, le misure adottate in applicazione dell’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 nonché quelle disposte ai sensi degli articoli 16, paragrafo 2, o 18 della direttiva 2002/53, disposizioni che non sono oggetto del procedimento principale, e, dall’altro, le misure di coesistenza prese a titolo dell’articolo 26 bis della direttiva 2001/18.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
La messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, emendata con il regolamento n. 1829/2003.
L’articolo 26 bis della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2008/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, non consente a uno Stato membro di opporsi in via generale alla messa in coltura sul suo territorio di tali organismi geneticamente modificati nelle more dell’adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture.