Il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta del padre genetico dei gemelli nati in seguito allo scambio di embrioni avvenuto all’Ospedale Pertini di Roma.
Tribunale di Roma - Caso Pertini: rigettato il secondo ricorso
22 aprile 2015
Il ricorrente conveniva in giudizio i genitori dei gemelli, al fine di proporre nei loro confronti una azione di disconoscimento di paternità. Consapevole di non essere legittimato a proporre tale azione, l’attore sosteneva che il vigente sistema normativo (che non tiene in considerazione l’eventualità di un evento avverso) determina una compressione dei propri diritti contraria ai valori costituzionali e chiedeva, quindi, al Tribunale di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 243 c.c., nella parte in cui non annovera il padre genetico tra i soggetti legittimati a proporre l'azione di disconoscimento della paternità in caso di sostituzione di embrione avvenuta nell'ambito della procedura di fecondazione assistista, in quanto contrastante con gli articoli 2, 3, 24, 30 Cost. e 117 Cost. con riferimento all'art. 8 CEDU.
«La legge sulla procreazione medicalmente assistita, che non regola l'ipotesi di errore di identificazione di gameti o di embrioni, è in qualche modo figlia della inesausta aspirazione umana al dominio volontaristico sul corso della vita. Il caso, attraverso l'errore umano, sembra avere ripreso in questa dolorosa evenienza il proprio governo, sottraendo al primato della volontà e quindi travolgendo tanto i progetti procreativi e familiari elaborati dalle due coppie coinvolte, quanto gli sforzi e le competenze dei professionisti che hanno in concreto operato i trattamenti loro richiesti.
Nel contempo ha lasciato emergere come la società civile sia priva di riferimenti certi a cui ancorare la soluzione dei potenziali conflitti conseguenti al verificarsi di tali "eventi avversi gravi".
Nell'ordinamento nazionale e sovranazionale, è certamente oggi da escludere la esistenza di un principio di ordine pubblico che preveda come necessaria la sovrapposizione del rapporto di filiazione all'appartenenza o verità genetica».
Nell’escludere la possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale, la giudice afferma che: «Vi è un'altra riflessione che induce questo giudice a non provocare una pronuncia del giudice delle leggi sulla materia in esame: oltre che sotto il profilo della non rilevanza - per la impossibilità in concreto di pervenire ad una decisione di accoglimento della domanda in quanto in manifesto contrasto con l'interesse dei due bambini - la prospettata questione di legittimità costituzionale sarebbe destinata a concludersi con una presumibile sanzione di inammissibilità da parte della Corte Costituzionale, esito cui costantemente la Consulta perviene di fronte a questioni che invochino da parte sua interventi manipolativi in materia non "costituzionalmente obbligata" ma riservata alle scelte del legislatore».
Non vi è, infatti, motivo di sollevare una questione di costituzionalità poiché viene rilevata la totale mancanza dei presupposti, anche nell’ottica della salvaguardia dell’interesse dei minori, come recentemente evidenziato anche dalla Corte EDU, nella sentenza Paradiso e Campanelli v. Italia. Non è nemmeno ravviasbile la rilevanza della questione, dal momento che si deve escludere « la rispondenza all'interesse dei minori di un protrarsi della condizione di instabilità ed incertezza della loro situazione familiare e di una prospettiva di recisione delle relazioni genitoriali già instaurate tra gli stessi e la coppia dei resistenti».
Il testo della sentenza è disponibile nel box download.
A questo link la decisione del Tribunale di Roma dell'agosto 2014. Anche la Corte EDU è stata investita della questione (X e Y v. Italy), ma il ricorso è stato giudicato inammissibile a causa del mancato esperimento dei rimedi interni.