Sul ricorso d’urgenza presentato dai genitori genetici dei gemelli concepiti con PMA, i cui embrioni per errore sono stati impiantati nell’utero di un’altra donna, il giudice ha rigettato l’istanza con la quale i ricorrenti chiedevano di essere iscritti all’anagrafe come genitori dei neonati.
Tribunale di Roma - ordinanza 8 agosto 2014: ricorso dei genitori genetici nel caso dell’errore all’ospedale Pertini
8 agosto 2014
La vicenda ha ad oggetto lo scambio di embrioni avvenuto presso l’Ospedale Pertini in Roma, al quale le due coppie si erano rivolte per ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, attraverso la creazione di embrioni in vitro con gli ovociti ed il seme delle coppie. Per un fatale errore umano gli embrioni formati col patrimonio genetico dei ricorrenti sono stati impiantati nell’utero della resistente e viceversa. L’impianto dell’embrione nell’utero della signora ricorrente non è andato a buon fine, tanto che la gravidanza non è neppure iniziata, mentre è andato a buon fine l’impianto nell’utero della signora resistente e la gravidanza è giunta a termine con la nascita di due gemelli, il cui patrimonio genetico appartiene ai ricorrenti.
Questi ultimi presentavano ricorso al Tribunale di Roma, al fine di conoscere la data presunta del parto e per ottenere tutte le informazioni relative allo stato di salute dei nascituri, affinché potessero formare l’atto di nascita dal quale risultassero genitori. Chiedevano inoltre che i gemelli venissero loro consegnati, in quanto genitori genetici, al momento della nascita. Nelle more del ricorso, i gemelli nascevano e venivano regolarmente registrati all’anagrafe dalla coppia gestante.
I ricorrenti modificano in udienza la domanda, chiedendo che i minori venissero loro affidati o, in subordine, che venisse garantito il diritto di visita dei genitori genetici.
La vicenda ha suscitato un ampio dibattito mediatico, etico e giuridico; su di essa si è anche pronunciato il CNB, senza prendere alcuna posizione sui criteri etici e biogiuridici che dovrebbero ispirare il bilanciamento e la composizione degli interessi in conflitto.
L’8 agosto 2014 il giudice rigettava ricorso poiché il provvedimento richiesto dai ricorrenti non potrebbe essere concesso, allo stato attuale della legislazione italiana in materia di filiazione. L’unica strada potrebbe essere quella di sollevare la questione di costituzionalità delle norme che, però, non viene ritenuta ammissibile e rilevante in quanto contrastante con gli interessi dei minori alla stabilità del loro status e con il loro diritto a vivere con quella che è la propria famiglia secondo l’ordinamento vigente.
«Ci si trova di fronte un’eterologa “da errore” (la madre porta in grembo embrioni geneticamente non suoi né del marito o del partner) o una surroga materna “da errore” (i genitori genetici producono embrioni che sono impiantati nell’utero di un’altra donna che li porta in gestazione) con una procedura priva di consenso, il che sembra generare una situazione di indeterminatezza in merito alla maternità e paternità a fronte di un vuoto legislativo che dovrebbe venire colmato in via interpretativa».
Anche nelle recenti sentenze della CEDU, che hanno condannato la Francia per non avere trascritto il rapporto di filiazione derivante da un contratto di maternità surrogata stipulato all’estero, la Corte europea pone l’accento non sul dato genetico del rapporto di filiazione o su un eventuale diritto dei genitori genetici, ma sul diritto del minore a mantenere il legame familiare consolidatosi nel tempo.
Per il giudice, resta il dramma umano dei genitori che si erano rivolti all’ospedale per trovare soddisfazione al loro diritto alla procreazione ed a formare una famiglia, che potrà trovare tutela solo risarcitoria.
Nel box download il testo della sentenza.