Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.

Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.
Il 24 luglio 2024, il TAR Lazio ha confermato il provvedimento del Ministero della Salute che annovera la figura professionale del massofisioterapista tra gli “operatori sanitari” e non tra i “professionisti sanitari”.
Nella sent. n. 143/2024 la Corte costituzionale dichiara inammissibile la questione circa la mancata previsione di un “terzo genere” mentre accoglie la censura relativa all’irragionevolezza dell’autorizzazione del Tribunale al trattamento chirurgico se la transizione è già compiuta.
Il Tribunale di Trieste ha accolto il ricorso presentato da una donna affetta da sclerosi multipla avente ad oggetto l’illegittimità del diniego da parte dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) di autorizzare la procedura della morte medicalmente assistita e ha condannato quest’ultima a procedere ad una rivalutazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla Corte cost. nella sent. 242/2019, in particolare verificando se la donna possa considerarsi essere tenuta o meno in vita da trattamenti di sostegno vitale.
La Corte di cassazione accoglie un ricorso di opposizione alla richiesta di assegnazione di amministratore di sostegno presentata dal figlio del ricorrente, che lamenta l’erronea applicazione del principio per cui la tutela dell’amministrato deve avvenire limitando il meno possibile la sua capacità d’agire.
La Corte EDU ha stabilito che revocare l’affidamento a una persona in quanto transgender viola l’art. 8 CEDU poiché – tra le altre - i diritti dei minori dati in affidamento prevalgono su tutti gli interessi, sulle convenzioni socioculturali e sulle tradizioni nazionali contrarie all’affidamento di minori a una persona trans.
Con la sentenza n. 153 del 2024 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune previsioni contenute nell’articolo 47 della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2023, n. 20. Secondo la Corte, infatti, contrariamente a quanto previsto dalle disposizioni censurate, non è possibile che i dirigenti sanitari dipendenti dal Servizio sanitario regionale esercitino l’attività libero-professionale intramuraria presso strutture private accreditate con il medesimo Servizio sanitario.
Nella sent. n. 135/2024 la Corte costituzionale rigetta la questione di legittimità sollevata dal GIP di Firenze sull’art. 580 c.p., come modificato dalla sentenza n. 242/2019 della stessa Corte, nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola l’altrui suicidio alla condizione che l’aiuto sia prestato a una persona «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale», chiarendo contestualmente cosa debba intendersi per trattamenti di sostegno vitale.
Il 25 giugno 2024 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, durante il ricorso incidentale sollevato dal tribunale di Milano in una controversia riguardante lo stabilimento Ilva, ha affermato che la nozione di “inquinamento” ai sensi della Direttiva 2010/75 relativa alle emissioni industriali include sia i danni all’ambiente che quelli sulla salute umana ed entrambi gli aspetti devono essere valutati nel procedimento di rilascio e di riesame per l’autorizzazione per l’esercizio di un’attività industriale.
Il Giudice per le indagini preliminari di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 c.p., come modificato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 242/2019, nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola il suicidio altrui alla circostanza che la persona che chiede di attuare il proposito suicidario sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Corte è chiamata a chiarire se possa applicarsi la fattispecie di suicidio medicalmente assistito anche nell’ipotesi in cui il paziente non fosse tenuto in vita da un trattamento sanitario vitale in quanto il trattamento offerto sia stato rifiutato dal paziente in quanto futile o inutile perché espressivo di accanimento terapeutico secondo la scienza medica e non dignitoso secondo la sensibilità e percezione del malato.
La Corte di Cassazione ha affermato che il medico di base non è titolare dell’obbligo di visita domiciliare, anche qualora i pazienti versino in condizioni tali da non potersi presentare in ambulatorio.