In un reclamo avverso un decreto del Tribunale dei minorenni di Catania, relativo alla richiesta di informazioni ex art. 28 legge 184/1983, la Corte d’Appello ha confermato l’esistenza del diritto dell’adottato ad accedere ai dati della madre naturale, come venutosi a configurare a seguito della sentenza della C. cost., n. 278/2013 e della sentenza della Corte EDU nel caso Godelli c. Italia.
Corte d’Appello di Catania – sent. 12 novembre 2014: parto anonimo e accesso ai dati per l’adottato
12 novembre 2014
Con ricorso del 13 ottobre 2014 la ricorrente ha impugnato il decreto reso dal Tribunale per i minorenni di Catania, con il quale il Tribunale, a fronte di una richiesta della P. di conoscere le proprie origini, essendo stata adottata nel 1972 poiché la madre all’epoca non aveva consentito ad essere nominata, ha riconosciuto il diritto della istante, ma ha dichiarato di non potere eseguire, allo stato, la richiesta della P. di conoscere l’identità materna, mancando una disciplina legislativa volta alla ricerca della madre biologica e alla indicazione delle modalità di interpello.
La ricorrente proponeva quindi reclamo, affermando che il diritto a conoscere le proprie origini anche nel caso di parto anonimo è ormai affermato tanto dalla CEDU, nella interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, che nella nostra legislazione, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale che con sentenza 278/2013 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 28 legge 184/1983 nella parte in cui non prevede - attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione.
In seguito all’intervento della Corte costituzionale, l’interesse alla tutela della vita e della salute psicofisica di madre e figlio, nonché alla tutela della riservatezza sono ancora oggi considerati rilevanti e meritevoli di tutela, ma devono essere bilanciati con il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, che è una specificazione del diritto alla vita privata e familiare, tutelato dalla Convenzione Europea dei dritti dell’Uomo. Nella sentenza Godelli, la Corte EDU ha condannato l’Italia perché la legislazione nazionale non assicurava un adeguato bilanciamento tra l’interesse della madre a mantenere l’anonimato e l’interesse del figlio a conoscere le proprie origini e a costruire la propria personalità anche tramite le informazioni sulla identità biologica. Secondo la Corte di Strasburgo, nella legislazione italiana non si tentava nemmeno di effettuare un bilanciamento tra i diritti e gli interessi concorrenti in causa; inoltre, in assenza di meccanismi destinati a bilanciare il diritto del figlio a conoscere le proprie origini con i diritti e gli interessi della madre a mantenere l’anonimato, veniva inevitabilmente data una preferenza incondizionata a questi ultimi.
Pur in assenza dell’intervento di dettaglio da parte del legislatore, raccomandato anche dalla Consulta, «il giudice, che è tenuto ad applicare la legge, negare l’attuazione di un diritto fondamentale della persona, specificamente riconosciuto nella sua consistenza e modalità di esercizio, solo perché ne mancano nel dettaglio le modalità esecutive».
Il reclamo è stato perciò accolto, disponendo l’interpello riservato, in esito al quale, se la madre presterà il suo consenso, si potrà rivelarne l’identità alla figlia.
Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.