Il Tar Lazio ha respinto il ricorso contro il decreto della Regione Lazio sulla riorganizzazione dei consultori familiari, in cui si prevede che il personale del consultorio è tenuto alla prescrizione dei contraccettivi d’emergenza (cd. pillola del giorno dopo) e che l’obiezione di coscienza riguarda l'attività degli operatori impegnati nell'interruzione di gravidanza, nella quale il personale dei consultori non è impegnato direttamente.
TAR Lazio - sent. 8990/2016: interruzione volontaria di gravidanza tra obiezione di coscienza e attività dei consultori
5 luglio 2016
Le associazioni ricorrenti avevano impugnato il documento recante “le linee di indirizzo regionali per l’attività dei consultori familiari”, allegato al decreto regionale dedicato alla riorganizzazione delle attività dei consultori familiari nella Regione Lazio. Sul ricorso si erano già pronunciati in via cautelare sia il Tar sia il Consiglio di Stato.
Il motivo principale del ricorso verte sull’interpretazione dell’art. 9 della legge n. 194/1978, che disciplina l’obiezione di coscienza dei medici all’interruzione volontaria di gravidanza. Il decreto, infatti, specifica che l’obiezione di coscienza riguarda solo le attività «necessariamente e specificamente» dirette all’interruzione volontaria di gravidanza, dalla quale sono escluse le attività del personale medico dei consultori familiari, che si limita all’attestazione dello stato di gravidanza e alla certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare IVG.
Un ulteriore profilo del ricorso riguarda la disposizione (adottata secondo i ricorrenti sempre in violazione dell’art. 9 della legge n. 194/1978), in base alla quale il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione dei contraccettivi cd. d’emergenza.
Secondo il Tar Lazio il ricorso è infondato e va rigettato.
Quanto all’esclusione dell’obiezione di coscienza per i medici del consultorio familiare, il Tar si limita ad osservare che l’attività di certificazione dello stato di gravidanza e della volontà della donna di interrompere la gravidanza non possono essere considerate attività “specificamente e necessariamente” rivolte all’IVG, ma rappresentano solo parte della necessaria “assistenza antecedente e seguente all’intervento”. Infatti, «la decisione relativa alla interruzione della gravidanza pure in presenza di detta certificazione spetta all’interessata che può recedere da tale proposito».
«Sostanzialmente quindi è da escludere che l’attività di mero accertamento dello stato di gravidanza richiesta al medico di un Consultorio si presenti come atta a turbare la coscienza dell’obiettore, trattandosi, per quanto sopra chiarito, di attività meramente preliminari non “legate in maniera indissolubile, in senso spaziale, cronologico e tecnico” al processo di interruzione della gravidanza secondo quanto dalla giurisprudenza penale anche risalente è pure specificato».
Quanto all’obbligo di prescrizione dei contraccettivi post coitali, il Tar – ricordando il bilanciamento operato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27/1975 e la sentenza del Tar Lazio del 2001 sull’immissione in commercio di uno di questi farmaci – esclude che a tale obbligo si possano collegare una violazione della legge n. 194 e, nello specifico, della libertà di coscienza dei medici. Il Tar rileva la natura apodittica di questa parte del ricorso e sottolinea che i contraccettivi d’emergenza non rientrano nel campo di applicazione della legge 194.
Il testo della decisione è disponibile nel box download.