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Tribunale di Varese - sent. 8 ottobre 2014: maternità surrogata all’estero e assoluzione coppia italiana dall'imputazione per il reato di false dichiarazioni
8 ottobre 2014

Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Varese ha assolto una coppia di cittadini italiani che erano stati imputati del reato di false dichiarazioni idonee ad incidere sullo stato civile di una persona (art. 495, co. 2 c.p.) dopo aver fatto registrare in Italia il certificato di nascita dei figli, omettendo che questi fossero nati a seguito di surrogazione di maternità in Ucraina.

Anno
2014

Secondo il giudice, la coppia andrebbe assolta dal reato ascritto in quanto il fatto, a seguito delle sentenze pronunciate dalla Corte Europea dei diritti umani nei casi Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia, non costituisce reato.

La perizia ordinata dal giudice aveva accertato l’assenza di legame genetico tra i bambini e la madre, ma i genitori si sono rifiutati di fornire informazioni in relazioni alle circostanze che hanno portato alla nascita dei bambini in Ucraina precludendo al giudice «ogni eventuale statuizione avente per oggetto l'illegittimità dell'atto di nascita per come materialmente formato dall’autorità straniera a ciò demandata».

Secondo il GUP si può affermare che «l’attestazione della qualità di genitore innanzi al pubblico ufficiale rilasciata dagli agenti non ha comportato alcun nocumento per il bene giuridico tutelato dalla norma penale (veridicità della dichiarazione) in un sistema giuridico come quello attuale in cui è divenuto sostanzialmente ininfluente -secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani- il metodo di concepimento della prole quale presupposto per il riconoscimento della maternità e paternità, attesa al contempo l’inerzia del legislatore nazionale che non ha previsto, né imposto che le parti interessate si esprimano in merito alle tecniche cui hanno fatto ricorso per la fecondazione al fine di ponderare almeno la posizione del genitore naturale».

Alla luce delle menzionate pronunce della Corte EDU risulta, dunque, «precluso allo Stato attribuire ai nati a seguito del ricorso a tecniche di maternità surrogata con fecondazione eterologa (donazione di gameti) uno status giuridico imperfetto lesivo del loro preminente interesse tanto più in presenza di un genitore biologico appartenente alla coppia». E dunque «ad oggi il soggetto che ricorre a metodi di fecondazione diversi da quelli consentiti e disciplinati dalla legge nazionale non può vedersi disconoscere sic et simpliciter il proprio rapporto genitoriale, perché ciò costituirebbe una lesione intollerabile all'identità del figlio, ma al contempo non può formalmente dichiarare le circostanze in cui è nato il discendente, perché non è stata introdotta alcuna legislazione in ambito interno destinata a disciplinare simili attestazioni».

Sarebbe «intervenuta una sostanziale elisione dell'antigiuridicità del fatto, che trasmuta da falso punibile a falso innocuo, con tutte le conseguenze che si traggono in dispositivo in punto di assoluzione degli imputati».

«Se anche gli agenti avessero ammesso il ricorso a tecniche riproduttive consentite solo all’Estero, simili informazioni non avrebbero potuto minimamente influenzare l’iter decisionale dell’ufficiale di stato civile, in quanto non è disciplinata l’acquisizione formale dei dati menzionati neppure ai fini della trascrizione dell’atto di nascita con riferimento alla sola linea paterna».

Nei mesi scorsi altri Tribunali si sono pronunciati su casi analoghi: Tribunale di Milano (marzo e aprile 2014), Tribunale di Trieste e Tribunale di Brescia.

Nel box download il testo integrale della pronuncia.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Mercoledì, 08 Ottobre 2014 - Ultima modifica: Lunedì, 10 Giugno 2019
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