La Corte EDU ha pubblicato un Factsheet relativo alla propria giurisprudenza in tema di gestazione per altri (Casi: Mennesson e Labassee c. Francia; D. e altri c. Belgio; Paradiso e Campanelli c. Italia).
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - Factsheet sulla maternità surrogata
Anno 2017
Le cause in materia di maternità surrogata sollevano questioni che si ricollegano all’art 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Quando la Corte di Strasburgo rileva ingerenze dello stato nella sfera della vita privata e familiare valuta tre elementi: i) se l’ingerenza sia prevista dalla legge; ii) se persegua fini legittimi; iii) se sia proporzionata rispetto al fine che ci si prefigge.
Nei casi Mennesson c. France e Labassee c. France, la Corte affronta il problema del mancato riconoscimento, da parte dell’ordinamento francese, dei figli nati negli Stati Uniti da maternità surrogata. In entrambi i casi la Corte EDU ha ritenuto applicabile l’art 8 CEDU: l’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare da parte della Francia è conforme alla legge ed è legittimata dai fini di “protezione della salute” e “protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Analizzando la necessità dell’ingerenza “in una società democratica”, la Corte sottolinea come gli stati abbiano ampio margine di apprezzamento in ambito di maternità surrogata in quanto materia sensibile. Tale discrezionalità incontra un limite quando il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione influenzi la situazione del minore, i cui interessi devono essere messi in primo piano.
La Corte EDU conclude per la non-violazione dell’art 8 CEDU rispetto al diritto dei genitori ricorrenti al rispetto della loro vita familiare, mentre ritiene sussistente la violazione della medesima disposizione con riferimento al rispetto della vita privata dei bambini.
La corte ha concluso osservando che negli Stati Uniti, a differenza che in Francia, i bambini erano stati identificati come figli rispettivamente di Mennesson e Labassee: questa contraddizione sarebbe foriera di problemi di identità all’interno della società francese per i minori.
Rifacendosi a tali precedenti, la Corte ha deciso anche i casi Foulon et Bouvet c. France (21 luglio 2016) e Laboire c. France (19 gennaio 2017) escludendo la violazione dell’art 8 CEDU con riferimento ai genitori richiedenti e affermandola rispetto al diritto alla vita privata dei bambini.
Nel caso D. et autres c. Belgio (n. 29176/2013) il Belgio negava alla coppia belga il rilascio del titolo di viaggio per il bambino nato da maternità surrogata in Ucraina. I ricorrenti erano dovuti rimpatriare senza il bambini perché era scaduta la loro legittima permanenza in Ucraina. Nel ricorso alla Corte di Strasburgo rilevavano come la loro separazione del bambino integrasse una violazione dell’art 3 CEDU che la Corte tuttavia non ritiene sussistente.
Questa invece ritiene applicabile l’art 8 e riconosce, nel diniego di titolo di viaggio, un’ingerenza nella vita familiare, la quale tuttavia sarebbe legittima in quanto rientrante nell’ampio margine di apprezzamento dello stato in materia. La Convenzione, infatti, non impone agli stati di autorizzare l’ingresso nel proprio territorio a bambini nati da maternità surrogata senza compiere i dovuti controlli legali.
Nel frattempo interviene l’emanazione del titolo di viaggio per il bambino, quindi la Corte dichiara cessata la materia del contendere.
Paradiso e Campanelli c. Italia, riguarda il caso di un bambino di nove mesi nato in Russia da madre surrogata in forza di un “contratto di gestazione per altri” concluso con una coppia italiana.
I servizi sociali italiani avevano preso a carico il bambino, perché non era stato ritenuto sussistente il legame biologico fra la coppia italiana e il bambino e di conseguenza non era stato trascritto il certificato di nascita.
La Corte non rileva alcuna violazione dell’art 8 CEDU per i seguenti motivi: i) assenza di un legame biologico fra bambino e ricorrenti; ii) breve durata del rapporto fra la coppia italiana e il bambino; iii) insicurezza giuridica dei legami fra questi, nonostante la sussistenza di un “progetto parentale” e la “qualità del legame affettivo”.
I provvedimenti impugnati hanno senza dubbio influito sulla vita familiare e privata dei ricorrenti, tuttavia perseguendo il legittimo scopo di “prevenire disordini” e “tutelare i diritti e le libertà altrui” non si può dire che abbiano violato l’art 8 CEDU. In effetti, il riconoscimento del legame di filiazione rientra nell’area di competenza e di discrezionalità dello Stato.
La Corte non ritiene violata la norma e rileva come la separazione della coppia dal bambino non abbia comportato gravi ed irreparabili danni.
Qui il testo completo del Factsheet (aggiornato ad aprile 2019), disponibile anche nel box download.
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