Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito la possibilità per una persona nata da un parto anonimo di verificare, attraverso un interpello riservato, che la madre biologica desideri continuare a non essere nominata, nonostante il legislatore non abbia ancora regolamentato la procedura da seguire.
Corte di Cassazione – SS. UU. – sent. 1946/2017: parto anonimo e diritto a conoscere le proprie origini
25 gennaio 2017
La Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28 co. 7 della l. n. 184/1983, nella parte in cui escludeva la possibilità per il giudice di interpellare, su richiesta del figlio, la madre che avesse deciso di non voler essere nominata, ai fini di un’eventuale revoca della dichiarazione, attraverso un procedimento stabilito dalla legge.
A seguito di questa pronuncia, si è verificato un contrasto giurisprudenziale, tra chi ha ritenuto necessario attendere l’intervento del legislatore con una disciplina di dettaglio e chi, invece, ha ammesso l’interpello riservato anche senza una legge che lo regolamentasse. Pertanto si è reso necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, che hanno deciso come segue.
Secondo la Suprema Corte, quella della Corte costituzionale era una pronuncia di accoglimento che, come tale, ha fatto cessare l’efficacia della norma, la quale non può più essere applicata. Per questa ragione, dopo l’intervento del giudice costituzionale, non si può più negare tout court al figlio l’accesso alle informazioni, ma bisogna conformarsi al principio dettato nella sentenza, volto a fissare un equilibrio tra la posizione del figlio e quella della madre. Inoltre, questa interpretazione si colloca in accordo con la necessità di tutela avanzata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Godelli c. Italia.
Pertanto, i giudici ordinari, nell’inerzia del legislatore, sono chiamati a trovare una soluzione da applicare nel periodo transitorio, per permettere al figlio di interpellare la madre e verificarne la volontà. La procedura andrà ricavata dal sistema del diritto vigente, in particolare dal procedimento di volontaria giurisdizione stabilito per la richiesta di informazioni da parte della persona adottata nata da madre che non abbia reso la dichiarazione di anonimato. A questo procedimento il giudice sarà chiamato ad apportare gli opportuni adattamenti, per garantire, in ogni momento, la piena tutela del diritto alla riservatezza della madre e il massimo rispetto della dignità della donna.
Il testo della sentenza è disponibile nel box download.
CASI CORRELATI E PRECEDENTI
La Corte di Cassazione, il 21 luglio 2016, ha ribaltato la precedente decisione della Corte di Appello di Torino e ha accordato alla richiedente la possibilità di accedere alle informazioni riguardo la madre, che al momento del parto aveva chiesto di rimanere anonima e nel frattempo era deceduta: la Corte ha ritenuto prevalente il diritto della figlia e non accettabile la cristallizzazione della volontà della madre.
Il Tribunale di Milano, il 14 ottobre 2015,ha rigettato la domanda di una donna che chiedeva il riconoscimento dello status di figlia della madre rimasta anonima ai fini del diritto al mantenimento. In questo caso, infatti, la donna non chiedeva di conoscere le proprie origini, ma il riconoscimento del proprio status e di un assegno mensile, pretese non tali da scalfire il diritto all’anonimato della madre.
Il Tribunale per i Minorenni di Trieste, con ordinanza dell'8 maggio 2015, ha accolto la richiesta di una signora nata da una donna che aveva scelto di non essere nominata al momento del parto, di accedere alle informazioni circa l’identità della propria madre biologica. Il Tribunale, con un articolato provvedimento, chiude il caso Godelli, che aveva portato la questione della ricerca delle proprie origini innanzi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
Il 12 novembre 2014, in un reclamo avverso un decreto del Tribunale dei minorenni di Catania, relativo alla richiesta di informazioni ex art. 28 legge 184/1983, la Corte di Appello di Catania ha confermato l’esistenza del diritto dell’adottato ad accedere ai dati della madre naturale, come venutosi a configurare a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013 e della sentenza della Corte EDU nel caso Godelli c. Italia.
La Corte d’Appello di Torino, sezione speciale per i minorenni (5 novembre 2014) ha rigettato il reclamo di donna che chiedeva di avere accesso alle informazioni circa l’identità della madre biologica, che non aveva voluto essere nominata al momento del parto e nel frattempo deceduta: il decesso non costituisce revoca implicita dell’anonimato.
Corte costituzionale, sent. 278/2013: nel giudizio di legittimità costituzionale di una disposizione della legge sulle adozioni, la Corte ha sancito l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 28, co. 7, della l. n. 184/1983, nella parte in cui esclude la possibilità di autorizzare la persona adottata all’accesso alle informazioni sulle origini senza avere previamente verificato la persistenza della volontà di non volere essere nominata da parte della madre biologica.
Il 25 settembre 2012, nel caso Godelli c. Italia, la Corte EDU ha dichiarato che le disposizioni legislative italiane (art. 28, co. 7 della legge sulle adozioni), che tutelano l'anonimato della madre biologica in caso di parto in una struttura pubblica e abbandono del figlio, lasciato in adozione, violano l'art 8 CEDU.