Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.

Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.
La Corte EDU ha condannato la Russia per violazione dell’art. 2 CEDU, in quanto le gravi mancanze delle autorità statali nel gestire le indagini successive alla morte di una donna hanno determinato l’impossibilità di accertare se vi fosse responsabilità del personale sanitario che aveva in cura la paziente.
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha rilevato all'unanimità che la decisione dei giudici interni di sciogliere la Comunità dei testimoni di Geova di Mosca, perché contraria alle disposizioni legislative sulle associazioni religiose, costituisce una violazione dell'art. 9 CEDU (libertà di pensiero, di coscienza e di religione). Viene inoltre rilevata la violazione dell'art 11 CEDU (libertà di riunione e di associazione) con riguardo al rifiuto delle autorità russe di effettuare la registrazione dello statuto della Comunità.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto che non rappresenti violazione dell’art. 8 CEDU il rigetto da parte delle autorità nazionali di una domanda giudiziale volta ad ottenere l’esecuzione di una decisione che autorizzava la somministrazione di un trattamento medico in relazione al quale erano poi sorti dubbi di scientificità.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha accolto i ricorsi presentati nel 2013 e nel 2015 da 182 cittadini, i quali accusavano lo Stato Italiano di non aver adottato le misure legislative necessarie per preservare la loro salute e l'ambiente, e di non aver fornito sufficienti informazioni sull’inquinamento causato dall’ILVA e sui correlati rischi per la salute.
La seconda Sezione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha dichiarato all'unanimità che il divieto di accedere alla diagnosi preimpianto imposto alle coppie portatrici di malattie geneticamernte trasmissibili dalla legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita contrasta con l'articolo 8 della CEDU.
La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia al risarcimento dei danni subiti da alcuni pazienti che, nel corso di trasfusioni di sangue attuate per scopi terapeutici, sono stati infettati dai virus dell’HIV, dell’epatite B e C.
In un caso riguardante l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per un detenuto e la consorte, la Corte ha rilevato la violazione dell'art. 8 CEDU da parte del Regno Unito per non aver garantito tale diritto ai ricorrenti.
La Corte EDU dichiara manifestamente infondato il ricorso presentato dal padre perché la figlia, affetta da una malattia cerebrale degenerativa (leucodistrofia metacromatica), si era vista rigettare la richiesta di somministrazioni di cellule staminali mesenchimali elaborate secondo la metodica Stamina.
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha escluso la violazione degli articoli 2, 8 e 14 CEDU da parte del Regno Unito, nell'ambito di una controversia riguardante il consenso della coppia alla procreazione medicalmente assistita.
La Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha confermato che un professore svedese non può invocare il proprio diritto alla privacy in base all’art. 8 della Convenzione, né il suo diritto alla libertà di espressione e informazione riconosciuto dall’art. 10 della stessa («[…] a “negative” right within the meaning of Article 10 to refuse to make the disputed research material available»), per giustificare il suo rifiuto a consentire l’accesso ai materiali su cui questi svolge ricerca presso l’Università di Gothenburg. La Corte ha stabilito all’unanimità che la condanna del ricercatore per aver impedito l’accesso ai documenti richiesti non implica una violazione dei suoi diritti così come riconosciuti dagli artt. 8 e 10 della Convenzione.